Descrizione della casa editrice
La celebre osservazione di Nabokov secondo la quale dovremmo ormai usare la parola 'realtà' solo fra virgolette è il più efficace avvio a questa raccolta di saggi di Isaiah Berlin, che si apre con una lucida dimostrazione di come la verità sia un atteggiamento, una tensione, un incessante movimento di spinte e controspinte che disegnano un imprevedibile chiaroscuro conoscitivo. Berlin parte da un critica al pericolo riduzionistico insito in ogni applicazione indiscriminata dei metodi e delle conquiste naturali al proteiforme oggetto della storia: ma quando abbiamo colto i limiti di questo appiattimento generalizzante ecco che egli ci addita le insufficienze e le aporie della speculazione antimoderna. La realtà è insomma lì, nella sua tenebra neutra, inafferrabile dal concetto hegeliano, dalla panacea evoluzionistica e dall'intuito vitalistico-mitopoietico dei romantici: tutti ne conoscono una faccia o uno strato, nessuno può catturarla nella rete di un sistema.
Questo esercizio di navigazione negli arcipelaghi del pensiero si ritrova, di saggio in saggio, in molteplici fome, offrendosi ogni volta come antidoto alle pompose certezze degli 'utopistici laici' e dei 'bigotti teocratici'. Come in nessun altro autore del nostro tempo sentiamo qui vibrare una variazione della metafora di Musil: pretendere di fissare la 'realtà', di capirla una volta per tutte, è come pretendere di piantare un chiodo nello zampillo di una fontana
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Il senso della realtà. Studi sulle idee e la loro storia
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